Interfacce a misura d’uomo

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Interfacce a misura d’uomo è il titolo di un libro di Jef Raskin, il papà del Macintosh e uno dei più importanti esperti dello User Interface Design.Il libro, una delle mie Bibbie, è uno di quei libri che aprono la mente e che ciclicamente rileggo. Organizzato quasi come un ipertesto permette di saltare da un argomento all’altro a seconda del momento, alla stregua di un manuale. Consiglio di leggerlo a tutti coloro che hanno a che fare con la Comunicazione, non solo coloro che operano direttamente nel settore delle interfacce utente.

L’uomo è una creatura pensante, ma fallibile. Una buona interfaccia, allora, dovrà tener conto:

  1. delle fondamentali caratteristiche di funzionamento della mente umana (cognetica)
  2. della fallibilità della natura umana.

I corollari che discendono da questo assunto sono:

  • ciò che è semplice resti tale
  • non danneggiare il lavoro dell’utente
  • non sprecare il tempo dell’utente.

Il primo passo verso interfacce più a misura d’uomo consiste in una corretta valutazione del concetto di fuoco dell’attenzione:l’oggetto, o il particolare del mondo fisico, o anche l’idea a cui stiamo pensando attivamente e di proposito. […] Attenzione, però: fuoco dell’attenzione, nell’accezione che ne diamo qui, si applica non solo al caso in cui prestiamo deliberatamente attenzione a qualcosa, ma anche al caso in cui percepiamo passivamente, senza focalizzare l’attenzione con un atto della volontà (p. 18).La peculiarità di tale fuoco è che esso è unico. Non è possibile cioè che due oggetti siano simultaneamente nel nostro fuoco attentivo. Non c’è modo di attivare un secondo fuoco dell’attenzione.La comprensione di questo semplice fatto basterebbe da sola a risolvere molti problemi di interfacce. Alcuni esempi?Se una interfaccia è difficile da usare il focus dell’utente si sposterà dall’obiettivo primario per cui sta usando quello strumento (ad esempio, scrivere un documento con un word processor, o collegare la videocamera al pc) all’interfaccia stessa. Ma questo viola in modo clamoroso ogni rispetto per il lavoro e il tempo dell’utente di cui si diceva sopra.O ancora.All’aumentare dello stress, “le persone si concentrano sempre di più su un numero sempre minore di aspetti dell’ambiente che le circonda, facendo sempre meno attenzione agli altri”. [Loftus, 1979, p. 35]. [… Così, più] un’operazione è critica, meno gli utenti si accorgeranno degli avvertimenti che li mettono in guardia da azioni potenzialmente pericolose. Un avvertimento del computer ha la massima probabilità di essere trascurato proprio quando è più importante che non lo sia; sembra un corollario umoristico alla Legge di Murphy, ma non lo è (p. 29).

Quante volte avete chiuso di riflesso un avviso pop-up rendendovi conto – subito dopo – di aver scelto l’opzione sbagliata?

iBook G3 Web Server

L’iBook G3 Dual USB 700Mhz è il mio primo mac, acquistato nel 2001, appena finita l’università.
Il sistema operativo fornito con il portatile era OSX 10.2 Jaguar.Oggi il piccolo iBook, con OSX 10.4 Tiger,  resta attivo sulla mia scrivania con funzione di Web server e FTP server.

INSTALLARE UN WEB SERVERL’installazione di un server web su OSX è davvero immediata, in quanto è una funzione già presente nel sistema operativo che noi dobbiamo semplicemente rendere attiva.Andiamo in PREFERENZE DI SISTEMA > CONDIVISIONE ed attiviamo la voce “Condivisione WEB”. Il sistema ci avverte che il nostro sito web è visibile all’indirizzo http://192.168.1.xxx (ad esempio) per gli altri computer della nostra rete.

Quello che vediamo se proviamo ad andare a quell’indirizzo da un browser web sarà una pagina che semplicemente ci avverte che il nostro server web (Apache) funziona!Il sito web che vogliamo condividere lo dovremo posizionare nella cartella UTENTE > SITI.Fin qui tutto funziona però solo all’interno della nostra rete privata, all’esterno infatti l’indirizzo del nostro computer (192.168.1.xxx) non è valido.RENDERE VISIBILE IL NOSTRO WEB SERVER SU INTERNETIl nostro router però ha un indirizzo IP (82.129.37.xx) che è raggiungibile dagli altri computer collegati al web.

Con un indirizzo di questo tipo basterebbe ora far capire al router che quando qualcuno digita quell’indirizzo vogliamo veda quello che per noi è la cartella SITI del computer 192.168.1.xxxNella maggior parte dei casi però le linee ADSL vengono fornite con indirizzo IP Dinamico, questo significa che il nostro router ottiene un indirizzo internet nuovo ogni volta che si collega al web.Questo vuol dire che se vogliamo essere raggiunti dobbiamo far si che ad ogni nostra connessione chi ci cerca sia aggiornato sul numero di IP che il nostro router ha in quel momento.
Per fare questo esistono dei servizi web (alcuni sono gratuiti) che ci permettono di collegare un nome di dominio (tipo “nostrosito.no-ip.org“) al computer che ospita il sito che, tramite un piccolo software,
comunica al fornitore del servizio periodicamente il nuovo IP del router a cui collegare tale nome.

IMPOSTARE IL ROUTER
Ora dobbiamo impostare il notrro router in modo che, quando arriva una richiesta (quindi quando qualcuno digita “http://nostrosito.no-ip.org”) sappia cosa deve mostrare.Di base infatti il router mostra la propria pagina di settaggi (solitamente l’indirizzo del router è 192.168.1.1), ma intervenendo sul PORT FORWARDING possiamo cambiare questa impostazione.Ogni router ha un’interfaccia diversa, ma su tutti quello che dovremo cercare è appunto la voce Port Forwarding e settare la porta 80 (su alcuni trovate la dicitura “HTTP Server”) inserendo l’indirizzo di rete locale del mac che ospita il sito web.

Trashware

I vecchi computer, così come le vecchie auto o motociclette, hanno sempre avuto per me un fascino particolare. Non è nostalgia di un tempo che non c’è più, nè nulla di simile. Mi piace l’idea che un oggetto che ritengo utile e con cui condivido buona parte del mio tempo, possa restare con me ben oltre quella che è la vita media dei suoi simili, oltre quel limite che le case produttrici sembra decidano a tavolino.

Di un computer con qualche anno alle spalle che torna a funzionare egregiamente mi piace molto anche l’aspetto che potremmo sostenere ‘sostenibile’.Sostenibile per l’ambiente e sostenibile per chi l’ha scelto ed acquistato in base alle proprie esigenze e, senza che queste esigenze siano cambiate radicalmente, lo ritrova inutilizzabiledopo neanche 3 anni.
Riporto qui sotto una parte di un bellissimo articolo intitolato “Perchè un PC diventa vecchio” (fonte: www.linuxitaliano.it)
“C’è chi vede, in questa corsa a rottamare quello che è ancora efficiente, una volontà precisa di costringere gli utenti ad acquistare un nuovo pc, aumentando quindi i guadagni non solo di chi vende hardware, ma soprattutto di chi vende software; il sistema operativo per la precisione.”

Per approfondire:

– Trashware su Wikipedia
– Perchè un PC diventa vecchio
– Riciclare il vecchio computer per beneficenza
– Informatici senza frontiere

Nuova vita ad un vecchio Pc IBM P4: Linux Xubuntu

Ho recentemente salvato da rottamazione un IBM ThinkCentre M50, Pentium 4 con 512Mb di ram e 40Gb di hard disk. Dopo averlo lasciato a fare polvere per qualche mese ho finalmente trovato il tempo per dargli una rinfrescata e una pulita.

Per prima cosa ho aperto il case per aggiungere un banco di ram da 256mb e portare così l’Ibm alla rispettabile quota di 768mb. Facendo questo ho potuto constatare quanto bene siano fatte queste macchine: il case si apre senza bisogno di svitare nulla, e all’interno ogni componente è sistemato in modo facile e accessibile. La seconda mossa è stata rimuovere dall’hard disk il sistema operativo (Windows 2000) e rimpiazzarlo con un sistema open source più moderno. Non ho grande esperienza di Linux, quindi ho installato varie distribuzioni per provarle e capirne un pò le differenze, da RedHat a Ubuntu, da Debian a OpenSuse, fino alla piccola (e scattante) Puppy. La scelta finale è ricaduta su Xubuntu, versione 10.10.
Linux Xubuntu è molto reattivo e ha delle funzioni davvero comode, prima fra tutte l’Ubuntu Software Center che permette di cercare e installare i software che servono con delle ricerche molto semplici e mirate. Inoltre il supporto per la lingua italiana è molto buono, così come il riconoscimento hardware.
Una volta installato il sistema e verificato che tutto funzionasse a dovere ho personalizzato il desktop con gli strumenti che XFCE mette a disposizione e con qualche aggiunta, come Docky (un dock in stile mac osx che permette di avere sempre sott’occhio le applicazioni aperte e quelle di più frequente utilizzo).
Il compito principale del computer è tra i più nobili… Scaricare! (solo ed esclusivamente programmi freeware, of course)
Siccome il suo Hd interno non è tra i più capienti, ho collegato 2 Hd esterni da 200Gb l’uno che serviranno appunto come deposito file.

Il software deputato alla gestione dei file Torrentè quello installato di base in Xubuntu:Transmission, che già conoscevo su Mac.
Una funzione fantastica di Transmission è il web client… una condivisione in rete che permette di monitorare dagli altri computer connessi alla Lan lo stato delle cose e di aggiungere nuovi file da scaricare o stoppare quelli già attivi.
Per condividere la porzione di disco su cui vengono salvati i file con il resto dei computer della rete ho installato Samba.
Ora l’obiettivo per le prossime piovose domeniche è riuscire a fargli gestire e condividere una stampante laser multifunzione e capire se è ipotizzabile uno streaming dei film via rete.